Archivio mensile:Maggio 2012

Principi azzurri e osteoporosi

Ieri la mia amica Carlotta mi dice: “Smettila di aspettarlo, arriverà prima l’osteoporosi di lui”.

Questa frase si presta ad una serie di interpretazioni:

  • Quando vuoi qualcosa o qualcuno non aspettarlo. Vai a prenderlo. Agisci, non stare lì sul divano a mettere la muffa, esci, cazzo. 
  • Smettila di sperare in qualcosa o qualcuno che non arriverà. Non illuderti, non sognare ad occhi aperti. Svegliati! Hai fallito un obiettivo? Cambialo! 
  • Stai invecchiando, è quasi ora che ti trovi un uomo affidabile, non una palla al piede che si fa aspettare. 
 
Qualunque sia il significato da attribuire a questa frase, io sto facendo l’esatto contrario: aspetto, lascio crescere il muschio a nord del mio corpo, mi nego le alternative che il mondo mi offre, resto ancorata ad un’idea bucolica di qualcosa che è passato. Mi sa che è ora di cambiare. Non vorrei finire come questa tipa qui sotto, un’altra che aspettava il Principe Azzurro. Ed è arrivata prima la morte. Altro che osteoporosi.
 
 
 
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Il fumo dell’arrosto non riempie la pancia

A parte il fatto che sono vegetariana, dunque l’arrosto non lo mangio. Comunque, è per dire che non ci si può nutrire d’illusioni. Quello che poi ti fa vivere (o morire) davvero sono i fatti.

Quando aspetti un messaggio, una telefonata, un segnale qualsiasi dalla persona che ami (illusione), sei sospeso in una specie di limbo fatto di pipponi mentali e film d’autore partoriti dalla tua fervida immaginazione. Passiamo ai fatti: se il segnale arriva, di colpo ti senti vivo; se non arriva, senti che un pezzettino di te è morto. Una porzioncina di cuore diventa sterile, arida, asettica. Quella zona lì non prova più niente.

Chi sbaglia? Chi è il debole tra i due?

Uno dice ” ci sentiamo”. Poi non sia mai che alza una volta la cornetta e chiama l’altra che lo aspetta (Giorgio Mastrota docet).

L’altra ascolta “ci sentiamo” e capisce “così poi usciamo, beviamo una cosa insieme, ti bacio e tra qualche anno ci sposiamo e facciamo un bambino”.

La mia amica Alice sostiene che “l’unica cosa che gli uomini capiscono è l’indifferenza”. Ok, quindi se mi chiama io gli devo fare “Ma dovevamo sentirci? Non mi risulta, comunque vabbè, dimmi”. E se invece non chiama? Indifferenza. Nessun sms del tipo “non dovevamo sentirci?” o cose del genere. Pazienza, avrò solo sprecato un po’ di fantasia.

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Non sto bene, ma non me ne faccio una colpa

Domenica scorsa, durante il brunch di Capodanno, mi sono ritrovata a pensare ad alcune ossessioni che ho. Comportamenti, rituali, impulsi. Chissà cosa vogliono dire. 
 
– La mia prima grande ossessione sono i cassetti, gli sportelli e le porte. Se rimangono anche solo un pochino aperti, per sbaglio, vado fuori di testa. Deve essere tutto ben chiuso, e nulla deve sbucare dalle fessure. Vi racconto alcuni episodi salienti: l’altro giorno, nella casa al mare, anni ’60, con gli infissi che lasciano un tantino a desiderare, a causa della mia ossessione di chiusura delle porte, sono rimasta chiusa in bagno. 20 minuti di panico per poi capire che bastava mettersi in piedi sul bordo della vasca da bagno e uscire dalla finestra, andare sul terrazzo, e via in cucina. Un altro episodio che mi sovviene riguarda invece uno sportello: ero ad una cena. A casa di una persona. Parlavo tantissimo, come mio solito, ridevo e scherzavo. Ad un certo punto questa persona si alza a prendere il sale e…lascia lo sportello aperto. Non volevo passare per una pazza, quindi non gliel’ho fatto notare. L’ha notato da solo, dopo i 15 minuti in cui mi ha vista cupa, arrabbiata e muta. 
 
– Forse vi ho già sconvolto abbastanza, ma penso di voler continuare. La mia vita da studentessa è stata costellata dalle ossessioni (dico “è stata” perchè ora sono laureanda, e sento di avere altri problemi ben più gravi). Facciamo alcuni esempi:
 
> Non usare mai e poi mai il bianchetto sui quaderni. Nemmeno tirare una riga sopra, chiaramente. Semplicemente, la regola è non sbagliare mai! Nella malaugurata ipotesi in cui ciò accadesse, strappate il foglio e ricominciate. Occhio a non lasciare pezzetti di carta sbrindellata o qualcuno lo noterà. Altra regola riguardante i quaderni è: non cambiare mai il colore di biro con cui si scrive. Se inizi un quaderno col nero e lo finisci col blu, che Dio ti fulmini! Per ovviare al problema, compra sempre almeno due penne dello stesso tipo, così se una finisce a metà quaderno, non noterai nemmeno lo sbalzo di tonalità. 
 
> Si sottolinea solo a matita. Si può evidenziare, ma con criterio: giallo come colore generico, arancione per le cose importanti, verde per le date, azzurro per i luoghi e i nomi degli autori, rosa…beh….se non sai le cose evidenziate in rosa non presentarti all’esame. Qualche volta ho usato il viola, ma erano momenti cupi della mia vita, di cui preferirei non parlarvi. 
 
> Il posto in cui si studia deve essere ben pulito. Portatevi l’Amuchina gel in aula studio, e con un fazzolettino, pulite prima di iniziare. Non si mangia mentre si studia. Mai. Si può bere l’acqua. Non il caffè. Che poi qualcosa potrebbe sporcarsi.
 
> Le cose nell’astuccio devono essere pulite, non ci devono essere altre schifezze oltre alle penne. Lavate le cose di tanto in tanto con un panno umido. E mi raccomando, le punte vanno girate tutte nella stessa direzione. 
 
– Che dite? Continuo? Le mani si lavano prima e dopo aver fatto pipì, una volta sola non basta. Per strada non si cammina mai su grate, tombini e quant’altro, non sia mai che muoio giovane perché ci casco dentro. Non ascoltate i dentisti, i denti non si lavano 3 volte al giorno, almeno 6 o 7. La bustina del thè va messa prima dell’acqua, nella tazza. Altrimenti io non lo bevo. Concludo, anche se le ossessioni non sono affatto finite. 
 
Poi vi chiedete perché la gente mi odia. 
 
PS: sono già stata in analisi per 3 anni e non me n’è passata nemmeno una. 
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Gli uomini e le donne sono uguali?

Oggi voglio dedicare un post ad una categoria del genere umano che disprezzo fortemente, ma da cui, senza un vero motivo, mi ritrovo perennemente circondata: le pigne in culo. Le pigne in culo, come il nome stesso suggerisce, sono persone ben poco piacevoli. Sono persone “spigolose” e complessate che in qualche modo ti penetrano. Ho esagerato? Ti s’azzeccano, diciamo. Badate bene: molti di voi, nel leggere la loro descrizione, sentiranno di avere, come me del resto, un vero e proprio radar, che individua queste simpatiche canaglie tra milioni di altre persone. E anche una calamita, per attirarle a sè. Mi spiace, ma ho come il presentimento che sia un problema comune a molti.

Le pigne in culo si dividono in due gruppi fondamentali: le donne pigna in culo e gli uomini pigna in culo.

LE DONNE PIGNA IN CULO:

Se le pigne in culo sono donne e voi siete donne, le suddette vorranno essere a tutti i costi la vostra “amica del cuore”, vorranno confidarsi, invitarvi a casa per farsi la ceretta a vicenda, farvi sapere cose volgarissime sul loro innamorato. Voi la detestate, chiaramente, ma è difficile dire di no ad una sfigata simile, non vorrete peggiorare la situazione! Così vi ritrovate in un tunnel senza fine fatto di cerette, capelli tagliati male, pranzi vomitati, eventi a cui non volevate per nessun motivo partecipare, figure di merda che avreste di gran lunga preferito evitarvi.

Se invece voi siete uomini, beh, avrete già capito….le pigne in culo si innamoreranno di voi. Senza motivo, peraltro. Ma attenti! La donna pigna in culo, quando si innamora, è un vero osso duro, che non molla finchè non ottiene ciò che vuole. Costringerà la sua migliore amica (ovvero una che ha avuto la sfiga di incontrarla, ma in verità non c’entra nulla con i suoi diabolici piani…una tipo me) ad appostamenti, pedinamenti, scatti illeciti di fotografie (che idolatrerà nella sua cameretta). Se non le darete le giuste attenzioni, arriverà un giorno davanti a casa vostra con un coltello, minacciando di tagliarsi le vene se non vi decidete ad amarla con altrettanto trasporto.

GLI UOMINI PIGNA IN CULO:

Se loro sono uomini e voi siete uomini…beh, non so cosa succede. C’è qualche maschietto che ha un amico pigna in culo? Forse sono quelli che li vedi in giro e ti sembrano “i gemelli diversi” e pensi “che cazzo c’avranno in comune ‘sti due?”. Probabilmente uno è la pigna, che trascina l’altro (il babbeo). Mi rendo conto del fatto che questo paragrafo risulti piuttosto trascurato. Se volete illuminarmi sull’argomento….

Se loro sono uomini e voi siete donne, oh, non vedevo l’ora di arrivarci. Il più delle volte sarete voi, mie care donnine, a cadere nel trappolone dell’uomo pigna in culo. Sarete voi ad innamorarvi perdutamente di lui (*). Vediamo nel dettaglio i diversi sottotipi:

– Il complessato: ha tanti problemi, lui, cucciolo. Ha perso il lavoro, è stato lasciato, è rimasto orfano, ha un problema con la droga, ha la tendenza ad arrabbiarsi e “spacare botilia, ammazare familia”. Decidete voi, tanto avete già capito. E’ l’uomo che avete deciso di salvare. Poi vi passerà l’infatuazione, ma ormai sarà troppo tardi. Lui sarà ormai diventato completamente dipendente dai vostri consigli o dalla vostre cure da super sexy crocerossina. Benvenute nel tunnel, donzelle.

– L’egoista autocentrato: ha un ego di dimensioni bibliche. Le stesse dimensioni del suo armamentario, secondo lui ( e solo lui, precisiamo). Parla sempre di sè, di quanto è bravo, di quanto è bello. Voi non esistete, oppure siete un ammennicolo di scarso valore, un giochino con cui trastullarsi, un accessorio trendy. Ma voi siete così innamorate, e lui non vi lascerà scappare, mai. Se voi scappaste, il suo ego ne sarebbe distrutto, quindi no, non si può fare.

– L’amicone. Eccolo qui, lo stavate aspettando, vero? Quello che un bel giorno, dopo che vi ha scopato in tutti i modi, in tutti luoghi, in tutti i laghi (perdonate la volgarità) vi dice: “ti voglio bene come a una sorella”. Non ho altro da aggiungere.

NB. Questi sottotipi sono già di per sè agghiaccianti, ma state attente, spesso e volentieri lo stesso individuo può presentare anche più di una personalità squilibrata contemporaneamente. Sì, lo so, è un mondo difficile.

(*) Ogni tanto succede anche che sia l’uomo pigna in culo ad innamorarsi. E’ così che nacque la figura dello stalker. Ve lo trovate ovunque, vi segue, vi chiama a qualsiasi ora del giorno e delle notte, vi fa regali, proposte di matrimonio e quant’altro. Denunciatelo all’autorità giudiziaria.

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Cosa voglio da te

Una delle cose che mi piacciono di più, quando inizia un nuovo anno, è aprire la nuova agenda. Di solito non riesco mai ad aspettare fino al primo gennaio, e questo non perchè abbia chissà quali impegni da appuntarvi all’interno, ma perchè sono impaziente.

Step n.1: Togliere il cellophane: una sensazione di potenza ti pervade nel momento in cui riesci a trovare un punto, solitamente in un angolo, in cui infilare il dito. Svergini quella sottile pellicola e ti senti bene. E poi “track”, via tutta in un colpo. E’ tua, per davvero.

Step n. 2: Finalmente è arrivato il momento. Puoi toccare la similpelle. Ci passi sopra la mano, aperta, e vai su e poi giù, poi giri l’agenda e ricominci. Esplori ogni angolo del tuo nuovo piccolo acquisto, e non è per sfiducia, non pensi che ci siano difetti da trovare in lei, anzi, vuoi percepire nelle tue mani tutta la sua perfezione.

Step n. 3: Puoi aprirla. No, non scrivere, aspetta un attimo. Prima guardala bene. Inizia dall’inizio. Non avere fretta. La sfogli, sembra tutta uguale, uguale a molte altre. Poi, quando sei già quasi stufo, vedi qualcosa. Qualcosa che le altre agende non avevano. Ora, non so dirvi cosa sia. La mia, ad esempio, l’apprezzo molto per gli adesivi che contiene in una piccola taschina sul fondo. Servono per appuntarsi i blog, i libri, i film, i concerti, le persone, il meglio dell’anno. Ecco, grazie a queste piccole cose, lei mi dà l’idea di somigliarmi, perchè, proprio come me, non vuole dimenticarsi delle cose che le sono piaciute di più. Ora che la conosci, puoi iniziare a mettere il segno di te su di lei.

Ora, e qui mi rivolgo soprattutto ai maschietti, provate a leggere questa storia al contrario. Ditemi se vi ricorda qualcosa. Qualcosa che il più delle volte avete fatto nell’ordine sbagliato. I più perspicaci ci saranno arrivati già durante la lettura delle prime righe, non potendo fare a meno di pensare ad un parallelismo tra il cellophane e l’imene.  Sì, esatto, l’agenda è come una donna, solo al contrario. Con le donne dovete partire dallo….

Step n. 3: Il più noioso. Dovete passare molto tempo a leggerla, una donna. Il più delle volte partirà dall’inizio e vi ammorberà con una serie di storie accadute quando voi ancora non l’avevate conosciuta. Storie familiari, amicali, di ex, di lavoro, di studio, dei mille hobbies ormai abbandonati. Quando, storditi dalle sue parole, sentirete che è arrivato il momento di salutare e andarsene, improvvisamente noterete qualcosa. Qualcosa che le altre donne non avevano. Può essere qualsiasi cosa, non devo essere io a dirvi cosa. Se fossi un uomo, mi piacerebbe trovare in una donna la capacità di smettere di parlare al momento giusto. Le donne non ce l’hanno di solito. Continuano imperterrite ad asciugarvi anche mentre voi sbadigliate. A questo punto vi ha colpiti, e non potete far altro che rimanere. E iniziate finalmente a dire qualcosa anche voi.

Step n. 2: Le donne amano gli uomini che parlano. Una volta riusciti ad intavolare la giusta conversazione, lei è già vostra. Quasi. Beh, non poteva essere così facile. Dovete dire le cose giuste. Quali sono? E chi lo sa. Ma se le troverete lei si lascerà toccare. Potrete esplorarla in ogni angolo, girarla e ricominciare daccapo. Non fate i porci, anche in senso figurato, dico. Non abbiate fretta, non trascurate questo importante passaggio.

Step n. 3: Avete raggiunto il vostro obiettivo. E’ pronta per lasciarvi entrare dentro di lei, stavolta non più in senso figurato. Rompete il “cellophane” (sempre che ci sia ancora) e fatele sentire quanto avete aspettato. Adesso sì, è davvero vostra.

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L’anno inizia sotto i migliori auspici

Avete presente quando siete in bagno e vi arriva un sms sul cellulare, che ovviamente si trova in un’altra stanza? Bene. Adesso immaginate che sia la mattina del primo giorno dell’anno. Immaginate di aver sperato per tutta la notte che qualcuno, e non qualcuno qualsiasi, vi mandasse un sms, e non un sms qualsiasi. Avete capito, no? Qualcosa del tipo “Sono stato uno stupido, adesso l’ho capito…ti amo, buon anno”. Dunque, mentre siete in bagno, e sentite il magico “bip-bip” di quello schifoso Nokia fucsia da 19.90 euro che vi ritrovate come cellulare, iniziate a farvi prendere dal panico. Pensate cose del tipo “Oh mio Dio, ho sperato così tanto che…no, non può essere davvero lui…oppure…beh, sì, perchè no? Ok, se l’ha fatto davvero è perchè probabilmente si è ritrovato a una qualche festa noiosissima di Capodanno, ubriaco marcio. Forse addirittura, mentre mi ha mandato un messaggio del genere, aveva appena finito di scoparsi una stra-gnocca che aveva raccattato alla festa, una di quelle che a Capodanno si vestono da battone per onorare il detto chi non tromba a capodanno non tromba tutto l’anno”. E allora succede che aumentate a dismisura la velocità delle azioni che stavate compiendo in bagno. Vi muovete come un robot impazzito, vi scartavetrate le guance nel tentativo di asciugarvi la faccia, buttate lo spazzolino nel bicchiere e uscite dal bagno con la schiuma ancora in bocca, sembrando un cane con la rabbia. Vi ammazzate quasi contro la porta, non accorgendovi che è chiusa, e finalmente raggiungete il tavolo della cucina. Prendete il telefono. Il mittente è un altro. Delusione, ma….beh, potrebbe comunque essere un messaggio fighissimo, no? E invece no. E’ una cazzo di catena di Sant’Antonio. Seguono altri 4 messaggi. Uguali.

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31 Dicembre

E’ il 31 dicembre. Un’altra volta. Io ad ogni fine anno sono depressa. Non chiedetemi perchè. Mi sembra che la gente enfatizzi troppo il fatto che si chiuda un periodo e ne inizi un altro. Le persone sembrano chiedere perdono per gli sbagli commessi nell’anno che sta finendo e sembrano fare promesse di miglioramento per l’anno che deve arrivare. Ora, non so se sia davvero così. Molte volte vediamo negli altri ciò che in realtà proviamo noi. Probabilmente la mia depressione deriva dalla sensazione propositiva mista a scoraggiamento in partenza. Propositi altissimi e purissimi che il 2 gennaio saranno già falliti. Detto ciò, proverei a tirare le somme.

Cose del 2011 di cui sono soddisfatta:
– Aver dato tutti gli esami nonostante il lavoro;
– Il lavoro;
– Alcuni concerti, tipo quello dei Perturbazione sotto una vera perturbazione;
– Due nuovi amici;
– Una vecchia amica;
– Il fatto che il 2011 sia passato molto velocemente, e, a volerla dir tutta, senza intoppi realmente degni di nota;
– Che papà sia stato bene. E mamma anche.

Cose del 2011 di cui NON sono soddisfatta:
– Ovviamente, l’amore (seguirà -prima o poi- un post dedicato al tema);
– Non essermi laureata;
– Aver dipinto solo un quadro;
– Il fallimento delle diete (tutte tranne una), dei buoni propositi (ma va?), dei colpi di fulmine.

Cosa manca? Mancano i propositi per l’anno nuovo. Forse è il caso di smetterla di chiamarli così. Forse la parola “proposito” lascia troppo margine di discrezionalità sul fatto di mantenerlo o meno. Di conseguenza contiene già in sè un ipotetico e possibile (nonchè probabile) fallimento. Allora, come li vogliamo chiamare? Progetti? Promesse? Facciamo “impegni” e non se ne parla più.

I miei impegni per il 2012:
– Laurearmi;
– Perdere un tot di chili (che deciderò strada facendo);
– Non fumare (nemmeno un pochino);
– Bere poco (tipo una volta alla settimana);
– Avere un lavoro;
– Mettere ogni base possibile per andare a vivere da sola;
– Non lasciarmi scappare le occasioni (ad esempio non pensare “questo concerto è troppo caro”, “questo libro in fondo non mi serve”, “questo cd potrei scaricarlo illegalmente”, “questo vestito non mi starà mai bene”, “questo ragazzo non fa per me”).

Fine del post. E mi sento meno depressa di prima.

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Post numero zero (“Il Post pilota”)

Comincerei dal titolo. Forse sarebbe il caso di aspettare che qualcuno mi chiedesse “Come mai hai scelto questo titolo per il tuo blog?”. Ma raramente aspetto che siano gli altri a chiedermi le cose. Ho la tendenza a parlare (e dare spiegazioni) molto più del necessario. Il titolo è, molto semplicemente, l’incipit della canzone “Anna”, di Lucio Battisti. Inizialmente volevo chiamare il blog “Voglio Anna!”, che sarei poi io…non so se fin qui è tutto chiaro. Poi ho pensato che sarebbe stato un po’ megalomane ficcare il mio nome nel titolo del blog. Così ho optato per un molto democratico “Hai ragione anche tu”. Anche se non credo davvero che qualcuno possa avere più ragione di me. Concludo questo mio primo post, anzi, il post numero zero, con una mia grande perla di saggezza, che a questo punto, direi che c’azzecca proprio: “La ragione è come la patata. Non è che serva, ma se te la danno fa sempre piacere”.

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Hello world!

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Happy blogging!

Scusa ma ti chiamo sindaco.

Moccia è il nuovo sindaco di un comune abruzzese. Si è beccato anche una percentuale di voti altissima. 89 persone su 100 hanno votato per lui, nel paese di Rosello, in provincia di Chieti.

Sulla sua candidatura a primo cittadino non ho nulla da dire, è un suo diritto. Ho qualcosa da dire invece agli elettori: ok, anche scegliere chi votare è un diritto, ma…avete l’aceto nel cervello?

Scusate, eh, ma Federico Moccia è un cinquantenne semianalfabeta che si è arricchito mettendosi un cappellino che andava di moda nel ’93 per mascherare l’alopecia e parlando bimbominkiese. Uno che ha chiamato i personaggi principali dei suoi libri Babi e Step. Che a casa mia sono uno scarafaggio (questa la capiranno solo i piemontesi) e un attrezzo ginnico. Sono senza parole. Uno che dice “scusa ma ti chiamo amore”, ma poi scrive dei libri di merda e non dice nemmeno “ops!”.

No, guardate, non venitemi a dire “La democrazia è anche questo”. E’ ormai un dato di fatto: l’Italia sta andando a puttane (a proposito, al mercato i cinesi vendono badilate di magliette con la scritta “senza maglietta sono ancora meglio”. Bella questa moda lanciata dalla Minetti. Io lancerei lei, sotto un tir).

Fine dello sfogo.