Archivio mensile:gennaio 2012

Let it snow and…fuck you all

Finalmente è arrivata la neve. Chi mi conosce sa che io detesto la neve, ma dico lo stesso “finalmente” perchè così chi la stava aspettando la smetterà di rompere il cazzo. “Quest’inverno non ce la fa neanche vedere!”. Eccola lì, la frasona di chi aspetta la neve (peraltro la frase può avere molteplici significati, ma non li dico, perchè poi dite che sono una zozza e penso sempre male). Oppure “Eh, ma io voglio andare a sciare!” E vai, porco cane, vai, che nevichi a Sestrière, o a Cortina, o dove minchia vuoi andare tu…perchè deve nevicare in città?!? Ci saranno pure un paio di occasioni in cui la neve può essere carina, io questo non lo metto in dubbio, ma per il resto fa schifo.

Occasioni in cui la neve è carina:

  • Quando sei piccolo e vuoi fare il pupazzo;
  • Quando fai le medie e non vuoi andare a scuola;
  • Quando fai il liceo e ci sono le verifiche o le programmate ed è il tuo turno; 
  • Quando sei in casa, è domenica, e tutto ciò che hai da fare è mangiare, guardare film e fare all’ammore con chi ti sta tenendo compagnia per il weekend. 
Basta, finite. Per tutto il resto del tempo la neve è la causa principale del mio male di vivere a gennaio. Io vivo a tre chilometri di curve dal centro. E lavoro a 14 chilometri di curve dalla vita. Per me neve significa isolamento, rimanere senza spesa, non poter uscire a bere una cosa con i miei amici, partire con mezz’ora di anticipo per andare al lavoro, tv senza segnale, internet che va e viene. Inoltre significa rimanere un paio di giorni chiusa in casa con i miei. Mi viene un tic all’occhio sinistro solo a pensarci. Dopo un paio di minuti di caduta un po’ intensa di fiocchi, nella mia testa inizio a visualizzare delle scene tipo Shining, in cui inseguo la mia famiglia con un’ascia. Figuratevi quando, come in questo momento, siamo a quota 30 centimetri di neve e non accenna a smettere. 

Riflessioni sull’ammmore

La carenza di affetto certe volte mi fa paura. Ieri sera avevo voglia di un abbraccio, ma non l’avevo mai avuta una voglia di abbraccio così forte. Sentivo proprio la pelle diversa, tanto aveva bisogno di essere toccata. Era una sensazione strana, non so se era fredda o era calda. Quando stai così, appena qualcuno ti abbraccia un pochino, in amicizia, un abbraccio normalissimo, ti si riempiono gli occhi di lacrime e vorresti che quella roba lì che stai provando in quel momento non finisse mai più. E’ terribile.

Cari lettori, cosa volete che vi dica? E’ un periodo di vacche magre, magrissime. A quanto pare l’unica vacca grassa rimasta qui sono io. 
Sinceramente pensavo che la mancanza di un uomo accanto fosse dovuta alla mia stronzaggine e al mio distacco. Povera illusa! Ieri la mia amica Carlotta mi ha spiattellato in faccia la verità: “quando ti piace qualcuno lo capisco subito. Diventi gattona e patatona, della persona cazzutissima che vuoi fare credere di essere non c’è traccia”. Ah. Benone. 
La cosa avrebbe forse dovuto sollevarmi il morale? Non credo. Mi ha dato un sacco da pensare. E mi ha dato un sacco da pensare il fatto che dopo questa affermazione io sia rimasta in imbarazzo per tutta la sera. E poi ho ripensato ad una storia vecchia, che se fossi stata patatona come sono, e non stronza come non sono ma ho voluto essere, forse ci sarebbe ancora. 
Comunque il succo della questione è il seguente: non sono perfetta. Affatto. Sono piena di difetti, ma faccio del mio meglio per nasconderli o superarli. Mi sento sfigata però, perchè c’è sempre qualcosa che non funziona. O mi piacciono gli psicolabili, o sei la persona giusta nel momento sbagliato o il momento è perfetto ma non sei tu.  Però sono ottimista, sempre e comunque, l’ottimismo è una roba che non mi va mai via. Penso sempre che qualcuno o qualcosa arriverà. Occhio, eh, non è romanticismo. E’ ottimismo e anche realismo. Anche perchè, come dicevo stamattina alla mia amica Alice: 
  1. Per quale stronzissima legge del creato una persona piacevole e intelligente può essere destinata a rimanere da sola per sempre, se anche i più roiti, cessi a catenella, caproni di questo pianeta hanno un compagno, vivono sereni e, quel che è peggio, figliano? 
  2. Non si può vivere così una vita intera. Non sarebbe umanamente sopportabile essere perennemente tristi, soli e infelici. Dai, ci si ammazza altrimenti. Quindi no, non è proprio possibile.
  3. Perchè se fosse così per tutti ci estingueremmo. E la natura non è stupida. Ci penserà lei a trovarci un uomo a cui piacciamo tantissimo, perchè gli occhi dell’ammmore non gli permettono di vedere nè la ciccia nè i nostri capricci. Che abbia voglia di condividere le nostre disgrazie fino alla fine dei suoi giorni. E che abbia pure voglia di ingravidarci per soddisfare il nostro istinto di conservazione della specie. 
Cosa dobbiamo fare noi per aiutare la natura? E’ tutta stanotte che ci penso. 
  1. Anzitutto, abbassare un po’ le aspettative. Anche voi uomini, sia chiaro. Cioè, se tu vuoi una strafiga e io uno sveglio che non devo comportarmi come sua madre e dirgli tutto ciò che deve fare, allora siamo destinati a non essere felici insieme. Tu accontentati di me che ho più lardo che anima, e io non ti ricorderò in continuazione quanto sei idiota. 
  2. Non volere tutto e subito. La ricerca di un uomo è come la ricerca di un lavoro. Sfiancante, porca puttana. Calma, sangue freddo, piedi di piombo, zero illusioni. E determinazione. Se abbassi la testa è finita.
  3. E poi nascondersi il meno possibile: non cercare di essere una stronza puttanella se non lo sono. Anche perchè, per quanto uno sia tordo, si accorgerà che lo guardo da gattona/patatona e non gliela sgancio a casaccio. 
P.S. Questa è la canzone di sottofondo mentre sto scrivendo il post….Casualità? Mah.

Tira più un pelo (…)

Lo so, è proprio un argomento da femmine, forse addirittura da toilette delle donne. Ma la depilazione è un problema che fa parte della nostra quotidianità, quindi tanto vale affrontarlo. Quale strumento scegliere tra i tanti che la cosmesi di oggi ci offre?

  • Rasoio: antico. Sicuramente indolore la depilazione, ma dopo un paio di giorni avrete dei paletti neri e duri al posto dei peli e il vostro fidanzato, accarezzandovi, si pungerà le mani. Inoltre, proprio per la ricrescita dei suddetti peli, sarete costrette a ripetere l’operazione quasi ogni giorno. Farlo ogni giorno vuol dire farlo di fretta, farlo di fretta vuol dire farsi dei tagli. Lasciate perdere.
  • Creme: Dio ci scampi dalle creme. Puzzano di morte e devastazione e l’effetto finale è lo stesso del rasoio. Bleah. No, ragazze, nemmeno i baffetti si fanno con la crema. Nel giro di due giorni avreste un contorno labbra marroncino, si vedrà l’ombra dei vostri peli che stanno ricrescendo. E vi prego, non cadete nel tunnel di quelle schiarenti. Quelle sono il male. Soprattutto se siete donnine mediterranee con pelle scura, e conseguentemente peli neri, evitate di ridicolizzarvi con una specie di toupè biondino sul labbro superiore.
  • Silk-èpil: secondo me un uomo non ha idea di che cosa si provi utilizzando questo strumento di tortura (non c’è altra definizione). Come una pinzetta, solo che invece di una ce ne sono mille. Strappano un pelino alla volta, e dalla caviglia all’inguine ce ne sono tanti di pelini. Il vostro condotto lacrimale esonderà ad ogni spinzettata. 
  • Ceretta: non si può non provare un sentimento di odio-amore verso quest’ultima. Se la fate dall’estetista odierete spendere i soldi e il sadismo che traspare dagli occhi di quella zoccoletta. Se la fate a casa, ogni santa volta bestemmierete in aramaico antico perchè sporcherete ovunque, vi appiccicherete le mani, ci saranno punti del corpo pelosetti difficili da raggiungere. L’amore, beh…la pelle rimane liscissima. E per circa un mesetto non dovrete più pensarci. Poi torna l’odio. L’odio per la follicolite. L’odio per la ricrescita, che un’altra ceretta non potete farla perchè i bastardi son troppo corti. Dopo qualche anno tornerà l’amore, perchè avrete sempre meno peli e sarà una soddisfazione. 
  • Depilazione definitiva: il sogno di ogni donna. Peccato che costi un occhio della testa. Io sono una di quelle che mette da parte 100 euro al mese per realizzare un giorno questo desiderio. Liscia per sempre. Non so se abbia delle controindicazioni o degli svantaggi. Si accettano commenti.
In ogni caso, dopo questa breve rassegna, due sono le cose che mi preme dire. Uno. Uomini, io lo so che i peli non sono una cosa bellissima, ma provate a depilarvi (e non sto parlando di schiena e pettorali, provate inguine, ascelle, e quant’altro) e capirete che alla fine non danno poi così noia, potreste anche cominciare ad accettarli con serenità. Due. donne, non esagerate. Con questo breve test potrete capire se depilarsi è davvero necessario.

Un martedì forse non qualsiasi

Cari lettori, 

  questa settimana è molto importante per me. Questa e la prossima, diciamo. Non posso spiegarvi i motivi esatti, anche perchè sono parecchio scaramantica. Avete mai avuto una settimana, o due, o un mese, in cui sentite che TUTTO può cambiare? Tutto, o comunque buona parte. Roba del tipo “se supero questa, da lì in poi è tutto in discesa” o “se non riesco in questo tutto va a sfacelo”? Questa seconda frase la penso spesso, ma in verità non mi appartiene per nulla. Ho sempre un piano B. E se non ce l’ho, riesco ad accampare un mucchio di scuse per cui “è così che doveva andare”…il destino, le persone, mosse sbagliate che ho fatto e così via. Ma di solito non mi abbatto. Cioè, magari mi deprimo un paio di giorni, ma poi mi riprendo e di solito non porto rancore (non più di quello che provo in generale per l’umanità intera). Comunque, quello di cui volevo parlarvi è la sensazione che si prova quando si sente di avere un’occasione, o un obiettivo, o una “missione”. Cioè, un fermento, un brivido, una caparbietà mai provata e…voglia di vivere. Anzi, non è voglia di vivere, è proprio VITA. Pensateci, voi sentite di vivere ogni giorno? Io no, o meglio, penso sempre di essere viva e che mi sto godendo in qualche modo le cose, ma poi arrivano giorni così e mi dico “per cosa cazzo stavo vivendo prima?”. E’ incredibile. Vabè, mò non pensiate che sia chissà che cosa. Però così, volevo dirvi che sono presa bene per un sacco di cose che nemmeno so bene cosa sono. E poi magari andrà tutto male e sarò di nuovo qui a scrivervi che la vita schifo. E poi una sensazione che mi piace un casino è desiderare. Ma desiderare forte, tipo che diventa quasi un bisogno. E un giorno mi sono immaginata che un bisogno fosse un bi-sogno. Cioè, se sogni una cosa due volte, diventa necessaria. Forse. Comunque, desiderare è bellissimo. Ottenere è sublime. Diceva un saggio in un qualche film “fai attenzione a ciò che desideri, potresti ottenerlo”. Ma io questa volta sono davvero sicura di volerlo. Talmente sicura che stamattina mentre ascoltavo questa ho pianto.  

I fought the law (and the law won)

Eva chiamò Giulia una domenica mattina. Si sarebbero incontrate poco dopo nel nuovo appartamento di Eva. Erano amiche da qualche anno e avevano in comune l’ambito lavorativo, esperienze tragicomiche con uomini grotteschi e gusti musicali. Quando Giulia arrivò si salutarono, aprirono un paio di bottiglie di birra (la domenica mattina per i veri giovani è solo la prosecuzione del sabato sera) e misero su un cd dei Clash. La traccia numero otto era I fought the law. Giulia vide una luce strana negli occhi di Eva. Non ricordava dove aveva letto, ma era certa di averlo fatto, che la voce degli uomini, ad alcune tonalità, è in grado di trasmettere delle onde che fanno vibrare l’utero delle donne. Mentre Giulia immaginava un uomo urlare e una donna venire, Eva disse: “Io tra i sessualmente attraenti ci metto anche Joe Strummer”. Giulia pensò che le rockstar, da questo punto di vista, fossero un po’ troppo avvantaggiate rispetto ai comuni mortali. Il poter mostrare in pubblico la loro potenza vocale avrebbe fatto sì che milioni di donne pensassero che la stessa potenza loro la mettessero anche in altre attività. Così rispose ad Eva: “A Joe Strummer piace vincere facile”.  Immaginò il buon Joe fare cilecca per l’ansia causatagli dalle troppo alte aspettative di una groupie, e rise di gusto.  Si ricordò però di avere un poster di Joe in camera, e si sentì perfettamente omologata al resto del mondo femminile. Il discorso sembrava ormai intavolato su quell’argomento. A dire il vero, ad Eva e Giulia capitava spesso di fantasticare su uomini che mai avrebbero avuto il privilegio di conoscere. Forse perché nella loro vita incontravano soltanto personaggi improbabili, disadattati, che necessitavano di un’infermiera, non di una fidanzata. Eva continuò: “ Perfino Michael Stipe mi fa sesso, anche se è l’uomo più malato del mondo, e oggettivamente non farebbe sesso a nessuno”. Giulia rise un’altra volta. Effettivamente aveva un’aria malaticcia, di certo non dava quell’idea di energia primordiale che di solito è necessaria per immaginare il sesso con qualcuno. Disse ad Eva: “Quello mi dà l’idea di succhiarti via l’anima durante il rapporto, per continuare a vivere. Ho letto su Internet che ha dichiarato di essere gay all’80%”. Entrambe scoppiarono in una fragorosa risata. Non risero del fatto che fosse gay, ma del fatto che fosse riuscito a misurare empiricamente le sua percentuale di omosessualità. Eva ipotizzò che avesse un 20% di pene in grado di tirargli per una donna. Giulia immaginò Michael e un righello e rise di nuovo.  Eva disse: “Ora tocca a te”. Era il turno di Giulia, adesso era lei a dover dire quali uomini la attraevano. Le venne in mente Robert Downey Junior. Poi si ricordò di Benicio del Toro. Poi di un chitarrista di un gruppo rock sfigato, uno di quelli che suonano sempre curvi, non alzano mai lo sguardo e ciondolano avanti e indietro con la testa a ritmo di musica. Giulia era stata ad un loro concerto, e dalla prima fila aveva ricevuto gli schizzi di sudore che provenivano dai capelli del suddetto chitarrista. Si era sentita eccitatissima. Raccontò l’esperienza ad Eva, che replicò dicendo: “Anche a me piacciono questi tipi grezzi, ma il sudore posso vederlo e toccarlo su un uomo solo dopo due ore di sesso sfrenato”. Forse Eva aveva ragione. Giulia si senti un po’ sporca e, per sviare l’argomento “perversioni”, tornò all’omosessualità di Stipe. In realtà, nell’argomento “perversioni” si tuffò a capofitto, dato che disse: “Anch’io sento di avere una percentuale di lesbismo latente”.  Eva, curiosa, volle sapere a chi si stesse riferendo. Giulia disse “Florence Welch. E Carmen Consoli”. Eva invece non aveva sogni erotici femminili, ma non era sicura di chi fosse “quella strana” tra lei e Giulia. Cosa significava non provare nessun tipo di desiderio verso il proprio genere? Eva si alzò a prendere altre due birre, e rimise il cd alla traccia numero otto.  Si alzò anche Giulia e insieme ballarono. 

Il meglio deve ancora venire

Avete presente quando riflettete tantissimo prima di comprare una cosa, poi vi decidete e la comprate, e subito dopo ne trovate una che vi piace molto di più e non potete più comprarla perchè avete finito i soldi?

O quando cercate l’ispirazione per un regalo per qualcuno…ci pensate un sacco e poi vi accontentate di un’idea così così. E il giorno dopo aver consegnato il vostro mediocre presente, avete un’illuminazione: “cavolo, potevo fargli questo!”.
Al liceo avevo lo stesso problema con i temi. Leggevo il titolo e iniziavo a prendermi male. Tre ore di tempo. Due per pensare a che cazzo scrivere. L’ultima per buttare giù tutte le idee raccolte. Una fatica immane. Poi suonava la campanella, uscivo in corridoio e mi venivano colpi di genio in rapida sequenza. Avrei potuto abbozzare un romanzo di formazione entro il successivo suono della campanella. 
E poi quando litigate con qualcuno. Poniamo che ci sia una questione spinosa in sospeso. Vi preparate un bel discorsetto nella vostra mente. “Se mi dice così, gli rispondo cosà, se invece….uh, se solo si azzarda a dire questo, beh, lo siedo con quest’altro…” e via discorrendo. Arriva il momento, e ovviamente nulla va come ve lo eravate immaginato. Probabilmente avrete pianto, sarete scappati o rimasti ammutoliti di fronte a un insulto o a qualcosa che non vi aspettavate che l’altra persona sapesse. E poi sarete arrivati a casa, e, proprio come succede a me, vi saranno venute in mente una serie di frasi con cui avreste potuto zittire e far vergognare il vostro interlocutore in tempo zero. 
Ora, se fossi pessimista penserei “Che sfiga, che cogliona che sono, perchè non mi è venuto in mente prima?”. Ma sono ottimista (di secondo nome faccio Gianni) e quindi io dico “è ovvio che il meglio debba ancora venire”. Sì, perchè tutto quello non ho “usato” in passato, lo userò in futuro. No?
La prossima volta, prima di comprare qualcosa, girerò tutti i negozi. 
La prossima volta, quando trovo qualcosa di adatto a quella persona, lo compro. Non mi interessa se siamo a gennaio e compie gli anni a settembre. 
Il prossimo tema sarà bellissimo. Sì, forse non sarà attinente all’argomento indicato nella consegna, ma io quelle cose geniali che ho pensato devo scriverle! 
E la prossima volta, stupido idiota, non ti farò nemmeno parlare. 

No, non ho detto gioia, ma noia noia noia

Questa settimana di clausura forzata a causa della bronchite è stata decisamente poco stimolante. Bisognerebbe  avere un quadernetto su cui scrivere ogni giorno quello che non abbiamo avuto tempo di fare, così, quando siamo malati, possiamo farlo. Compatibilmente con la malattia che abbiamo, chiaramente.

Ma poi la cosa più strana è stata non aver nulla da dire o da scrivere qui sul blog. Cioè, se non vado a lavorare, non esco a fare un giro, non vedo qualcuno, mi sembra di non vivere proprio. E’ strano, perchè invece quando vado a lavorare, sto fuori casa tutto il giorno e sono in continuo contatto con le persone, penso: “quanto vorrei stare a casa a fare nulla e non vedere nessuno, questa non è vita!”.

Vorrei capire…desiderare sempre l’esatto contrario di quello che ho in quel momento è un problema solo mio? O tutti la pensano così?

Comunque, vi racconto alcune cose che ho fatto:

  • Ho tenuto Skype acceso tutto il giorno. Cosa che non faccio mai. Così ho potuto chiacchierare sempre con qualcuno. Chi mi ha tenuto più compagnia questa settimana è stata la mia amica Alice, anche lei a casa con l’influenza. I nostri aggiornamenti in tempo reale sui rispettivi stati di salute hanno allietato le nostre giornate. 
  • Ho pensato. Madonna, quanto ho pensato. Ho pensato così tanto che, come al solito, ho sconfinato nel pippone mentale. Per fortuna che a raccogliere il frutto dei miei pipponi (mh, che brutta immagine!) c’era Alice. E a fermarmi. Avere del tempo “libero”, o per meglio dire, “vuoto”, quando si ha qualcosa da dimenticare, può essere molto dannoso. D’altronde, di solito ci si dimentica delle cose quando se ne hanno mille altre da fare. Se invece si ha solo una cosa a cui pensare, difficilmente la si dimentica. 
  • Ho bevuto un sacco di tisane. L’ho fatto come andrebbe fatto, ossia con calma, come un rituale purificatore. E ho finalmente deciso che il mio gusto preferito è la liquirizia. Non avevo mai avuto un gusto preferito, forse perchè ho sempre bevuto la tisana in modo superficiale e frettoloso. E’ una grande soddisfazione sapere con certezza che il proprio gusto preferito è la liquirizia. 
  • Ho letto. Ironia della sorte, sto leggendo un libro che parla di un tizio che nella sua vita non ha assolutamente nulla da fare. Lui guarda la TV, si fa le canne e ascolta i Nirvana. Io sostituisco la TV con il ricamo o il disegno, le canne con la tisana e….i Nirvana li tengo, al limite li intervallo con i Pearl Jam.
Beh, non ho più nulla da scrivere. E sapete che vi dico? Spero di non ammalarmi più per un bel po’ di tempo.

Random

Le notti insonni sono proprio brutte.

In questi giorni di lunga e penosa malattia (tanto per fare una citazione colta) dormo parecchio durante il giorno, quindi la sera fatico un po’ a prendere sonno. Inoltre stanotte stavo piuttosto male, quindi si aggiungevano difficoltà. Le poche ore in cui ho dormito sono state costellate da incubi, quelle (molte di più) di veglia lo sono state invece di pensieri assurdi. Qualche giorno fa su Rolling Stone ho letto “Anche pensare è un’attività fisica!”. Evidentemente stanotte ho lavorato un sacco. Forse è per questo che stamattina sono così stanca. 
Tra i pensieri random di stanotte ci sono stati: 
  • Detesto stare male, e detesto rimanere forzatamente chiusa in casa. Odio non avere nulla da fare. 
  • Cazzarola, tra meno di tre settimane finisco questo anno di lavoro, se non ne trovo subito un altro potrebbe essere così ogni santo giorno. Che incubo.
  • Oggi pomeriggio ero svaccata sul divano, la tv era accesa ma avevo dimenticato il telecomando. Ad un certo punto, guardando altrove, ho pensato che in quel momento avrei tanto voluto vedere “Se mi lasci ti cancello”, ma che non avevo affatto voglia di alzarmi e andare a mettere il dvd. Poi mi giro verso la tv e vedo Jim Carrey e Kate Winslet. Era solo una pubblicità, d’accordo, ma era proprio il film che volevo. 
  • Allora adesso penso intensamente “domani mattina mi sveglio magra,  domani mattina mi sveglio magra, domani mattina mi sveglio magra, domani mattina mi sveglio magra, domani mattina mi sveglio magra” e avanti così tipo mantra. 
  • Basta, adesso mi alzo e vado a fare qualcosa. Internet. Cosa? Su Facebook a quest’ora non c’è nessuno. Cosa guardavo su Internet prima di avere Facebook? Non riesco a ricordare.
  • Che noia, cazzo. Non potrebbero essere almeno già le sette così mi posso svegliare? Che idiota, sono già sveglia! 
  • Certo che siamo condizionati dalle abitudini. Che male ci sarebbe nel farmi un caffè alle 4 del mattino, mangiare una brioche, fare la doccia, asciugarmi i capelli, lavarmi i denti, leggere un quotidiano, esattamente tutto ciò che farei se fossero le sette? Niente, nessun male, ma non è il caso di farlo. Perchè? Perchè sì.
  • Adesso devo farcela a dormire. Pronti? Via! Oh, no, devo fare pipì. 

Il mondo è bello perchè è marcio

Ogni volta che vado dal medico, varco la porta e mi sembra di entrare a Narnia. Ma che personaggi ci sono?

In ogni sala d’attesa che si rispetti troverete una nonnina populista. Ad alta voce urla “la benzhina chosta chara, il cibbo chosta charo, il gaz e la luce chostano chari…chome si può champare chosì?” (ho messo tante H perchè la nonnina populista è quasi sempre calabrese, e si sente!). Una volta finito il suo comizio si guarderà intorno aspettando che qualcuno la consideri e le faccia un applauso.

Poi c’è sempre un tipo scazzatissimo, palesemente in tenuta da lavoro (scarpe anti-infortunistiche, tuta e quant’altro) che è lì per conto di qualcuno. Il figlio, la mamma, la moglie. Non sta nella pelle, si guarda intorno, sbuffa, bestemmia a labbra serrate. Dopo mezz’ora finalmente si decide: “Devo fare solo un foglio, non mi farebbe passare prima?”.

Ci sono sempre un paio di stranieri. Li schifano tutti e non possono mai sedersi. Ma in che mondo viviamo? Hai paura che l’uomo nero ti mangi? Guarda, tranquillizzati, se è qui è perchè è malato, non ha le energie necessarie per sbranarti in modo sanguinoso. Peraltro ne avrebbe ben donde.

C’è sempre qualcuno con qualcosa di rotto, che non perde occasione per raccontare all’intera sala d’aspetto  come è avvenuto l’incidente. Dettagli raccapriccianti che nessuno avrebbe mai voluto conoscere.

Poi non possono mancare le due vecchiette amiche di sempre. Due rompicoglioni esagerate che vanno dal medico ogni giorno. Hanno trentaduemila medicine da prendere, ma a loro non interessa. Hanno un solo obiettivo: spettegolare. Di solito parlano di morti, di solito giovani, di solito morti sospette. E, rigorosamente in dialetto, ipotizzano le cause della morte “Era un drogato” “Si è suicidato perchè non trovava lavoro” “Chissà cosa aveva da nascondere!”. Di fronte a queste vecchie odiose che pare non abbiano veramente altro da fare nella loro misera vita, io mi sono sempre chiesta: Ma se siamo in un paese piccolo, e tu ti trovi di fronte, per dire, la mamma di questo ragazzo? Spero che ti succeda, cara nonna, e che questa donna abbia la forza di risponderti in un modo che ti spinga a chiuderti in casa dalla vergogna per il resto dei tuoi giorni.

Morale della favola:

– Due ore di attesa. Sì, perchè anche se arrivi all’ora esatta in cui lo studio apre, i suddetti personaggi sono già tutti in fila da prima di te.

– Diagnosi: bronchite. E che culo!

– Prognosi: 7 giorni a casa a dormire.

Questioni di famigghia

Ci sono situazioni da cui proprio non si può scappare. Questioni che non si possono non affrontare. Tradizioni a cui non ci si può sottrarre. Eventi a cui non si può non partecipare.

Sto parlando dei pranzi di famiglia. Ebbene sì, tutti dobbiamo passare da questo stretto pertugio almeno una volta nella vita. A me ad esempio tocca oggi.

A Natale sono scappata fuori città pur di evitarmelo, ma mò me tocca. E sono pure malata, solo che ormai non posso tirarmi indietro, mancano solo due ore. Toccherà vestirsi a modino, prendere un Oki e andare.

La cosa che detesto dei pranzi di famiglia è il dover essere per forza simpatici. E a me invece stanno quasi tutti un po’ antipatici, tranne i miei cugini Sara e Andrea.

Un’altra cosa che odio è quanta carne mangiano i miei parenti. Nell’antipasto, nel primo e nel secondo c’è sempre carne. Si salva giusto il Pandoro. Perchè? Anche le verdure sono buone. Perchè nessuno lo capisce? Oggi ho fatto i falafel per tutti, così magari lo capiscono che le polpette sono buone anche senza maiale. E sempre a proposito del vegatarianesimo, un’altra cosa che mi fa impazzire sono le domande: “Ma quindi non mangi nemmeno il pesce?” “Eh no, anche i pesci sono animali, brutti finchè vuoi, ma lo sono”. “Beh, però gli affettati sì, dai!” “Eh no, nemmeno quelli”. “Ma allora cosa mangi?” “Tutto il resto, no? Mi vedi forse deperita?” Che nervoso!

Poi non sopporto i salamelecchi: “Come stai bene!” quando uno fa palesemente schifo, “Tranquillo, faccio io i piatti!” quando l’unica cosa che vorresti davvero fare è dormire sul divano con la cerniera dei pantaloni abbassata, “Tutto buonissimo!” e arrivi a casa e vomiti.

E poi i domandoni: “Oh ma ‘sto fidanzato?”, “Ma la tesi?”, “Ma il contratto te lo rinnovano?”, “Che ne pensi di ‘sta manovra di Monti?”. Lasciatemi stare, voglio solo ingozzarmi di salame di cioccolato e strozzarmi con le arachidi.

E poi sono lunghi ‘sti pranzi. Dopo gli antipasti sono tutti pieni (a parte i vegetariani, che ancora non hanno toccato nulla). E invece tocca stare a tavola almeno fino alle16. Garantito.

La cosa che invece mi piace è vedere il nonno felice che ci siamo tutti.