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Sono fuori dal tunnel.

Ogni tanto mi torna in mente l’adolescenza. Difficile dire quando l’adolescenza abbia inizio; mi accorgo guardando i “ragazzini” per strada che non so proprio identificare quel momento. Si vedono bambine chiaramente non ancora mestruate già truccate o abbigliate da “grandi” e bambini bassi e magri con la cresta sui capelli, i pantaloni larghi e la sigaretta in bocca.

Per me l’adolescenza è iniziata quando mi sono cresciute le tette. Mi sembrava che si ingrandissero ogni giorno. Credo di non aver mai messo la coppa A, ma di essere passata dalla libertà di non portare il reggiseno ad una abbondante coppa C direttamente. E’ una cosa spaventosa. Di colpo non sei più in grado di fare nulla nelle lezioni di educazione fisica e i maschi della tua classe ti osservano come se fossi una donna da copertina, cercando di toccarti appena ne hanno l’occasione. Poi vabbè, non parliamo di quando ti arrivano le mestruazioni e non sai a chi dirlo. Cioè, a parte la mamma, dico, magari le tue amiche non sanno cosa sono e le traumatizzi. Oppure tutte le hanno già e ti senti l’ultima arrivata. Sì, direi che le femmine diventano adolescenti quando mettono su seno e iniziano a pagare con il sangue il loro debito con il Signore, le famose “comode rate mensili”, che di comodo non hanno nulla, ma insomma, si fa per dire.

I maschi non lo so, forse iniziano a sentirsi grandi quando il loro pisellino inizia a far di testa propria. Immagino l’imbarazzo di un mattino, in cui, come al solito, la mamma viene a svegliarti con un bacetto in fronte, posando la tazza di latte e Nesquik sul comodino e nota un rigonfiamento sotto le lenzuola. Il suo bambino ha l’alzabandiera!  Che shock. Povere mamme. E poi quella cosa lì, che ti fa sentire fuori controllo, si ripete ad ogni piè sospinto: mentre guardi Candy Candy, mentre corri in fila indiana durante l’ora di ginnastica e davanti hai un culetto che sobbalza, mentre sogni, mentre sfogli il Postalmarket di mamma. Ho sempre pensato che nascere femmine fosse una disgrazia, ma ora che ci penso, se fossi nata maschio avrei avuto un tale conflitto con il mio ammennicolo che probabilmente sarei arrivata a tagliarmelo e darlo in pasto ai piccioni. Odio perdere il controllo.

Le cose che cambiano nelle femmine sono molte, e tutte imbarazzanti. Ti crescono i peli, ovunque, nessun centimetro di corpo viene risparmiato. Inguine, ascelle, braccia, gambe. Ma soprattutto, ognuna di noi ha vissuto il periodo monociglio + baffi. Ditemi se non è vero. Quando la mamma ritiene che tu sia ancora troppo piccola per spinzettarti o farti la ceretta. Le più fortunate avevano anche gli occhiali spessi (generalmente tondi) e l’apparecchio ortodontico. Poi ti crescono i fianchi, la pancia, e come già detto, il seno. E se il seno può anche farti piacere, perché ti accorgi che inizi ad essere guardata in modo diverso, senza dubbio la pancia e i fianchi cambiano il TUO modo di guardarti, e lo cambiano in peggio. Per chiudere i jeans devi sdraiarti sul letto senza cuscino, al massimo della distensione che il tuo corpo può concederti, tenere il fiato e agganciare il bottone all’asola. Poi ti alzi e ti senti morire. Annamo bbene. E le magliette, cazzo, tiravano ovunque e si sollevavano. Quel rotolino di pancia sembrava coperto fino all’attimo prima e poi  “slap!”, ecco che se ne esce sollevando la T-shirt. Che schifo.

I maschi anche, avranno i loro bei complessi.  Intanto, sempre con il loro coso che non risponde ai comandi cerebrali, avranno difficoltà di vestiario, perché magari i jeans sono troppo stretti e allora meglio la tuta da rapper. Poi penso che sia abbastanza imbarazzante vedersi quei peli ancora morbidi sul labbro, che non hanno ancora nulla della ruvidezza dei veri uomini. Non c’è nulla di grezzo e primitivo in quelle gambine rachitiche ricoperte di pelo batuffolo. E cosa c’è di virile in quella vocina stridula che esce proprio quando meno te l’aspetti, o quando meno la vorresti. E poi la faccia, che all’improvviso si ricopre di brufoli orrendi che ti fanno somigliare ad una pizza margherita. E i capelli unti e spessi che non hanno una forma e tocca rasarli o farli crescere, rischiando subito di essere etichettato come naziskin o metallaro o fricchettone.

Perché l’altra cosa tremenda dell’adolescenza è questa. Che devi scegliere da che parte stare. E magari tu proprio non lo sai da che parte stare, e finisce per stare un po’ di qua e un po’ di là o mischiare il qua e il là. Ragazzi, cha ansia. Ho avuto il periodo in cui ascoltavo i classiconi per ragazzine: Take That, Backstreet Boys, Hanson, Spice Girls. Utili, eh. Perché con i Take That impari l’inglese, con i BSB impari cosa vuol dire amare alla follia senza speranza di essere ricambiati, con gli Hanson impari che si può diventare famosi assemblando suoni casuali, con le Spice impari che le scarpe da ginnastica con la zeppa, che anni dopo ritroverai nell’armadio, forse non erano state un affare. Eppure ti era sembrato così, quando dopo aver stressato la mamma a livelli inimmaginabili avevi ottenuto quell’obbrobrio e ti eri schiantata la prima volta che le avevi indossate. Io e le mie amiche riuscivamo ad ascoltare quelle canzoni per ore, mentre provavamo trucchi, smalti e acconciature come se non ci fosse un domani. Intanto leggevamo giornaletti da femmina, ci scambiavamo vestiti e tutte le cose che facevamo avevano il solo scopo di confrontarci e capire se eravamo normali.  Poi c’è stato il periodo tamarro, poi musica italiana, poi reggae, poi ska, poi musica impegnata. Non esiste un altro periodo della vita in cu sei in grado di cambiare così tante volte idea sua qualcosa. L’elasticità di una mente adolescente è veramente inimmaginabile: sei un muro senza intonaco, su cui chiunque scrive ciò che vuole, che volte viene imbrattato dai vandali, scalfito da oggetti contundenti, mentre i tuoi genitori cercano di darti addosso un banalissimo bianco.

Dei maschi non sapevamo nulla, se non che si smanettavano in continuazione. Perché nessuno lo faceva in segreto. Non avevano, come noi, il tabù della masturbazione, loro lo facevano anche davanti a tutti, tra di loro, in qualsiasi momento. Io li schifavo, mi sembravano animali. Ma in effetti quell’edonismo, quella voglia di piacere immediato e superficiale, è solo la nostra natura più profonda. Quando diventi adulto capisci che per avere un rapporto sessuale è necessario avere una relazione dialogica, come minimo, e in qualche caso necessiti di una cena, un cinemino, un paio di birre. Quando sei adolescente invece sei solo un mammifero e pensi che ti basti annusare il culo a chi hai davanti per poterti accoppiare. Solo molto più tardi avrei cominciato ad apprezzare questa bestialità, che molto spesso noi donne reprimiamo, ma all’epoca ne ero assai spaventata.

E niente, queste sono le cose che penso quando vedo i ragazzini per strada, vedo futuri maschi e future femmine, avvolti nel bozzolo del loro essere ancora ibridi. Vedo la loro confusione, il loro mostrarsi diversi da come sono, la loro maschera adulta che copre il loro corpo bambino. Sono in tunnel da cui usciranno dopo un pezzo, poveracci,ancora  non lo sanno che sono solo all’inizio…

Un post al Volo

Un post veloce veloce, giusto per ricordarmi che oggi ho passato una gran bella giornata. Qualcuno me lo disse, giorni fa: “liberati da tutto e sarai pronta a vedere le meraviglie che il mondo ti offre”.

Ore 8.30 Arrivo al lavoro e nel mio posto auto trovo una mucca. Vera, con tanto di vitellino al seguito.

Ore 13 Ho già finito di lavorare. Gaudemus!

Ore 14 Penso alle mie amiche e mi dico “Sarebbe bello passare il pomeriggio in piscina con loro”. Mi chiamano: “Piscina oggi?”

Ore 18 Non c’è un cazzo per cena. Telefonata: “Cena?”

Ore 19 Un quasi tramonto bello da fare male, una sangria offerta dalla casa.

Ore 20 Una pizza enorme, una pilsner enorme, una crema catalana da orgasmo.

Ore 21 Confidenze.

Ore 22 Risate.

Ore 23 Joey Ramone, David Bowie e Blondie nello stesso CD tornando a casa.

Lo so, dico una roba alla Fabio Volo, ma cazzo, la vita è bellissima, le cose piccole sono bellissime, le cose strane sono bellissime. Il surrealismo di una mucca in un parcheggio, la telepatia, la rucola che scricchiola e lascia un gusto amaro, il rumore del cucchiaio sulla crosta della crema catalana, le persone a cui vuoi bene, la canzone giusta al momento giusto. Robe che la settimana scorsa ti facevano cagare perchè avevi le paturnie.

I fought the law (and the law won)

Eva chiamò Giulia una domenica mattina. Si sarebbero incontrate poco dopo nel nuovo appartamento di Eva. Erano amiche da qualche anno e avevano in comune l’ambito lavorativo, esperienze tragicomiche con uomini grotteschi e gusti musicali. Quando Giulia arrivò si salutarono, aprirono un paio di bottiglie di birra (la domenica mattina per i veri giovani è solo la prosecuzione del sabato sera) e misero su un cd dei Clash. La traccia numero otto era I fought the law. Giulia vide una luce strana negli occhi di Eva. Non ricordava dove aveva letto, ma era certa di averlo fatto, che la voce degli uomini, ad alcune tonalità, è in grado di trasmettere delle onde che fanno vibrare l’utero delle donne. Mentre Giulia immaginava un uomo urlare e una donna venire, Eva disse: “Io tra i sessualmente attraenti ci metto anche Joe Strummer”. Giulia pensò che le rockstar, da questo punto di vista, fossero un po’ troppo avvantaggiate rispetto ai comuni mortali. Il poter mostrare in pubblico la loro potenza vocale avrebbe fatto sì che milioni di donne pensassero che la stessa potenza loro la mettessero anche in altre attività. Così rispose ad Eva: “A Joe Strummer piace vincere facile”.  Immaginò il buon Joe fare cilecca per l’ansia causatagli dalle troppo alte aspettative di una groupie, e rise di gusto.  Si ricordò però di avere un poster di Joe in camera, e si sentì perfettamente omologata al resto del mondo femminile. Il discorso sembrava ormai intavolato su quell’argomento. A dire il vero, ad Eva e Giulia capitava spesso di fantasticare su uomini che mai avrebbero avuto il privilegio di conoscere. Forse perché nella loro vita incontravano soltanto personaggi improbabili, disadattati, che necessitavano di un’infermiera, non di una fidanzata. Eva continuò: “ Perfino Michael Stipe mi fa sesso, anche se è l’uomo più malato del mondo, e oggettivamente non farebbe sesso a nessuno”. Giulia rise un’altra volta. Effettivamente aveva un’aria malaticcia, di certo non dava quell’idea di energia primordiale che di solito è necessaria per immaginare il sesso con qualcuno. Disse ad Eva: “Quello mi dà l’idea di succhiarti via l’anima durante il rapporto, per continuare a vivere. Ho letto su Internet che ha dichiarato di essere gay all’80%”. Entrambe scoppiarono in una fragorosa risata. Non risero del fatto che fosse gay, ma del fatto che fosse riuscito a misurare empiricamente le sua percentuale di omosessualità. Eva ipotizzò che avesse un 20% di pene in grado di tirargli per una donna. Giulia immaginò Michael e un righello e rise di nuovo.  Eva disse: “Ora tocca a te”. Era il turno di Giulia, adesso era lei a dover dire quali uomini la attraevano. Le venne in mente Robert Downey Junior. Poi si ricordò di Benicio del Toro. Poi di un chitarrista di un gruppo rock sfigato, uno di quelli che suonano sempre curvi, non alzano mai lo sguardo e ciondolano avanti e indietro con la testa a ritmo di musica. Giulia era stata ad un loro concerto, e dalla prima fila aveva ricevuto gli schizzi di sudore che provenivano dai capelli del suddetto chitarrista. Si era sentita eccitatissima. Raccontò l’esperienza ad Eva, che replicò dicendo: “Anche a me piacciono questi tipi grezzi, ma il sudore posso vederlo e toccarlo su un uomo solo dopo due ore di sesso sfrenato”. Forse Eva aveva ragione. Giulia si senti un po’ sporca e, per sviare l’argomento “perversioni”, tornò all’omosessualità di Stipe. In realtà, nell’argomento “perversioni” si tuffò a capofitto, dato che disse: “Anch’io sento di avere una percentuale di lesbismo latente”.  Eva, curiosa, volle sapere a chi si stesse riferendo. Giulia disse “Florence Welch. E Carmen Consoli”. Eva invece non aveva sogni erotici femminili, ma non era sicura di chi fosse “quella strana” tra lei e Giulia. Cosa significava non provare nessun tipo di desiderio verso il proprio genere? Eva si alzò a prendere altre due birre, e rimise il cd alla traccia numero otto.  Si alzò anche Giulia e insieme ballarono.